Renzi? Un classico esempio (unico) di autolesionismo politico

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Da sindaco di Firenze a Segretario di partito e a Presidente del consiglio, contro tutto e contro tutti, osteggiato dai caporioni del partito ma supportato dalla gente, anche da quella gente che dal partito democratico si era sempre tenuta distante. Sino a quel benedetto referendum, referendum sul quale aveva scommesso tutto annunciando, malauguratamente,  le proprie dimissioni in caso sconfitta. Ha preteso troppo, avrebbe duvuto capire che il risultato sarebbe stato scontato avendo contro non solo l’opposizione che aveva il timore di non riuscire a risalire la china con lui al governo, ma una notevole  corrente presente nel suo stesso partito che lo vedeva come il fumo neglio occhi e che non aveva nessuna intenzione di farsi “rottamare”. Ma comunque, contrariamente a quanto avrebbero fatto molti altri suoi illustri colleghi e avversari di partito, in modo onesto e corretto rassegna le sue dimissioni da segretario e da presidente del consiglio. Quello che succede poi è cosa nota, al governo vanno i 5 Stelle, divenuti il primo partito, con l’appoggio delle Lega, e a capo del governo un illustre quanto ignoto mediatore, un avvocato. Il che è tutto dire. Due forze comunque incompatibili fra di loro che non possono reggere a lungo e infatti dopo un breve lasso di tempo la rottura. Si torna alle elezioni? Ma no che diamine, il rischio di consegnare il paese alle opposizioni è più che reale, quindi qui l’escabotage. Portare al governo due forze ancora più incompatibili delle precedenti, due forse che avevano giurato a vicenda di cancellarsi dalla scena politica italiana, fra insulti e vaffa. Renzi se ne fa propositore e mediatore e alla fine l’impossibile accade, al governo vanno i 5 Stelle assieme al PD sulla basse di un programma condiviso, quello dei vaffa… e quello non mollare il seggiolone. Comunque sin qui tutto bene ma poi, beh poi accade l’imprevisto. Accade che ad occupare seggiolone più alto torni, a causa di un differente rappoto di forze, l’avvocato, Conte, non voluto e inviso a tutta la sinistra ma soprattutto a Renzi, che non aveva considerato questa possibilità. E così il governo si trascina fra bassi e … bassi e rimane sul piedestallo acquistando anche una facciata autoritaria grazie ad un forte ma pericoloso alleato che si presenta improvvisamente agli inizi del 2020, il Covid. Renzi, fautore in primis della nascita di questo raffazzonato governo, comincia a considerare che il suo posto non sia più nel partito, accantonato e osteggiato da quanti non gli perdonano i suoi precennti successi, e la definitiva rottamazione di alcune eminenza grigie, decide di uscire del PD, (con risultati mediocri) ma restando al governo come appoggio esterno. Sino a che, beh sino a che non si accorge che la deriva autoritaria presa dall’illustre avvocato, appoggiata da una maggioranza presente in parlamento ma non reale,  tendente ad escludere il parlamento stesso dalle “proprie” (si fa per dire) direttive, diventa, a suo parere (e di molti) pericolosa per il paese e per la democrazia, in quanto decisa a gestire in proprio i “piccolo” capitale del Recovery fund “209 miliardi” esautorandone il parlamento. Quindi chiede spiegazioni, chede che la destinazione dei fondi venga discussa ed esaminata in parlamento, chiede che il parlamento , a ragione, si riappropri delle funzioni, chiede che il signor avvocato si presenti e illustri il programma, a tutti, non solo ai suoi “referenti”. Ora siamo allo stallo, Conte rimane sulle sue posizioni, di certo non può disilludere chi o quanti lo hanno collocato in quel posto. Renzi per il momento rimane anche lui sulle sue posizioni, nella speranza che possa accadere un rimpasto di governo con l’allontanemento di Conte. Ma questa prospettiva appare sempre più lontana la sola soluzione sarebbe quella di affidare il paese ad un governo tecnico, “Draghi”? Supportato da quanti vogliano, per il bene del paese, uscire dalla crisi con il minor danno possibile, per poi, sistemate la cose e superato l’impatto Covid, tornare a nuove elezioni. C’è da chiedersi quanti, a sinistra o a destra siano così responsabili verso il paese da accettare questa soluzione. Ma torniamo a Renzi, reggerà sino alla fine sulle sue posizioni o sarà costretto a fare marcia indietro rimangiarsi tutto magari con la scusa di qualche piccolo contentino? Una posizione difficile che in ogni caso lo porterebbe a una perdita di immagine, sia che nel primo caso rimanga sulle sue posizioni causando la caduta del governo, della qual cosa verrà ritenuto responsabile, sia che si accontenti di qualche briciola torni nelle fila governative. Con una sola piccola ma immensa differenza, quella di poter camminare a testa alta o di dover nascondere la faccia. Una scelta difficile, ma solo sua.

Renzi? Un classico esempio (unico) di autolesionismo politicoultima modifica: 2021-01-02T15:24:55+01:00da il.pignonista
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